Una nuova tecnica permette di ritrovare la femminilità
Il timore che nulla sarà più come prima è fra le prime reazioni delle donne dopo una diagnosi di tumore alla mammella. Non solo l’incognita della malattia, da cui oggi è sempre più facile guarire, grazie alla diagnosi precoce, ma anche la sensazione di essere mutilata nella propria femminilità, che pesa dal punto di vista psicologico, ma anche fisico.
La ricerca scientifica pensa anche a questo e, a Poliambulatori San Gaetano, esiste un servizio che la Dottoressa Anna Voltan, chirurga plastica, definisce “la ciliegina”. Si tratta della Ricostruzione del capezzolo.
Perché eseguire una ricostruzione del capezzolo?
Questa procedura è solitamente proposta alla fine del ciclo di cure in seguito ad asportazione della ghiandola mammaria per carcinoma al seno. «Ho sempre seguito l’iter delle pazienti dalla diagnosi di tumore fino all’ultimo step ricostruttivo – spiega la dottoressa – e da subito ho colto quanto sia importante prestare la massima attenzione a questa parte anatomica che per una donna è simbolo di femminilità, del suo essere madre, compagna, del suo relazionarsi con la società».
Una vera e propria rinascita dopo essere passate attraverso il tunnel di una patologia che non si manifesta solo come la presenza invisibile di un corpo estraneo, ma comporta una
demolizione: «Le donne subiscono una vera e propria forma di mutilazione – sottolinea la chirurga – che crea uno stress psicologico. Prove scientifiche dimostrano che la ricostruzione mammaria migliora la qualità della vita e lo stato di salute non solo perché c’è l’assenza di malattia, ma perché porta un benessere psicologico e sociale». Per questo la dottoressa Voltan parla di “ciliegina sulla torta”.
Come si esegue la ricostruzione del capezzolo?
Ad oggi molte donne sono ritrose nel sottoporsi ad una ricostruzione del capezzolo. La rifiutano: «C’è una certa stanchezza per il percorso appena attraversato – spiega – anche se in realtà si tratta di un intervento molto semplice, fatto in anestesia locale». Tempo mezz’ora e già si può tornare a casa, pronte a riappropriarsi pienamente della propria vita.
Motivo della diffidenza forse il fatto che le tecniche usate finora permettevano una ricostruzione non duratura: «Nel 60 per cento dei casi il capezzolo ricostruito, nel giro di pochi anni, si appiattisce». Ma oggi «vengono in aiuto delle protesi in silicone che permettono di ricostruire in maniera definitiva e stabile il capezzolo, ripristinando questa parte anatomica fino all’ultimo passo, con una dermopigmentazione dell’areola: si tratta di un vero e proprio tatuaggio del complesso areola capezzolo, che permette di fare una ricostruzione a 360 gradi, molto importante per chi intraprende questo tipo di percorso».
Quando fare la ricostruzione del capezzolo?
«Dare questo supporto è molto di più di un intervento estetico – è convinta la dottoressa Voltan – perché le donne hanno bisogno anche di questo, dopo aver estirpato il “nemico”». Un
lavoro che va fatto nei tempi giusti: «viene richiesta una ecografia pre-operatoria per valutare lo spessore e la qualità del tessuto. Deve essere passato un tempo adeguato dall’ultima chemioterapia perché la paziente si possa sottoporre all’intervento in buone condizioni, dal punto di vista immunologico e almeno sei mesi dalla fine della radioterapia. In ogni caso è l’oncologo a dare il nulla osta per qualsiasi tipo di ricostruzione». Per questo nei progetti di Poliambulatori San Gaetano, che già oggi si impegna a garantire tempi rapidi di risposta in caso di esito positivo, c’è quello di creare un’equipe multidiscilinare che accompagni la donna nella cura del tumore al seno dalla diagnosi alla ricostruzione.
Per maggiori informazioni o per prenotare una consulenza di Chirurgia Plastica è sufficiente contattare la segreteria.
Poliambulatori San Gaetano è presente a Thiene e Schio (Vicenza).
È possibile finanziare gli interventi con rate personalizzabili.
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