Gestosi: significato e rischi collegati – L’importanza dello screening nel primo trimestre di gravidanza

 

La Preeclampsia (in passato chiamata Gestosi), è una complicazione della gravidanza potenzialmente pericolosa sia per la mamma che per il neonato e si manifesta nella gestante con la comparsa di ipertensione associata a perdita di proteine nelle urine.

Contemporaneamente al test combinato per la valutazione del rischio di anomalie cromosomiche è possibile (solo nelle gravidanze singole) eseguire il test di screening per la Preeclampsia che valuta la probabilità di insorgenza di tale disturbo durante la gravidanza, permettendo di identificare precocemente le donne a rischio e di programmare un attento monitoraggio della salute della gestante e del feto.
Attualmente la Preeclampsia interessa circa il 2-8% delle gravidanze, rappresentando la principale causa di mortalità materna e neonatale.

Approfondiamo l’argomento con la Dottoressa Garbin Daniela, Specialista in Ginecologia ed Ostetricia, accreditata presso la Fetal Medicine Foundation.

 

Quali sono i rischi collegati allo sviluppo della Gestosi?

La patologia può insorgere nella donna in gravidanza dopo la 24° settimana di gestazione, causando l’insorgenza di gravi complicazioni, quali ritardo dello sviluppo fetale, distacco della placenta, insufficienza renale acuta, edema polmonare, emorragia cerebrale e convulsioni (eclampsia).
Inoltre in circa lo 0,7-0,8% delle gravidanze la preeclampsia insorta in epoca gestazionale precoce, richiede l’anticipazione del parto prima della 37a settimana, con conseguente rischio elevato di complicanze neonatali legate alla prematurità (cosiddetta preeclampsia pretermine).

Dati recenti, hanno evidenziato che nelle donne che presentano un elevato rischio di sviluppare preeclampsia, la semplice somministrazione di aspirina a basso dosaggio prima della 16a settimana di gestazione, permette di ridurre fino del 50% l’incidenza e la gravità della patologia.

 

In quale settimana di gravidanza è bene effettuare lo screening?

Il test di screening per la Preeclampsia si effettua tra la 11° e la 13° settimana di gravidanza.

L’importanza del test è anche dovuto al fatto che le pazienti che risultano a rischio possono essere sottoposte ad una opportuna profilassi in età gestazionale precoce, diminuendo così i rischi collegati.

 

Quali sono i vantaggi e perché è importante eseguire il test?

  • Non comporta alcun rischio per la gestante ed il feto.
  • Richiede soltanto un prelievo di sangue della gestante, la misurazione della pressione arteriosa media materna e l’esecuzione di un’ecografia per la valutazione dell’Indice di Pulsatilità delle Arterie Uterine.
  • Permette l’identificazione precoce del rischio di insorgenza di pre-eclampsia e, nel caso di gravidanze ad alto rischio, permette di intervenire con una opportuna profilassi per ridurre l’insorgenza della pre-eclampsia.
  • Si esegue in una fase della gravidanza in cui, attraverso la somministrazione di aspirina, è ancora possibile migliorare le condizioni delle arterie materne e aumentare quindi l’afflusso di sangue e di nutrienti al feto.
  • Grazie alla combinazione di parametri diversi è possibile raggiungere un’elevata accuratezza (detection rate 93%), il cui livello è molto superiore a quanto è possibile ottenere attraverso l’analisi delle sole caratteristiche materne.
  • L’incidenza di falsi positivi è pari al 5%.

 

Caratteristiche tecniche del Test:

Nella donna con preeclampsia è alterata l’attività della placenta, che non riesce a garantire il normale scambio di ossigeno e di sostanze nutritive fondamentali per il corretto sviluppo del feto.
Recenti studi hanno evidenziato che in questa condizione sono notevolmente ridotti i livelli della proteina Placental Growth Factor (PlGF), che in una gravidanza fisiologica aumentano progressivamente a partire dalla 12° settimana di gestazione, con un picco alla 29-32a settimana ed un successivo declino sino al termine della gravidanza.

La proteina PLGF rappresenta pertanto un importante marcatore di preeclampsia; la possibilità di misurare i suoi livelli in una fase precoce della gravidanza (12° settimana) permette di individuare le gestanti a rischio e di programmare efficaci misure preventive a salvaguardia della salute della mamma e del bambino.

Il test di screening per la Preeclampsia valuta il rischio di insorgenza di pre-eclampsia attraverso la combinazione di diverse informazioni riguardanti la gestante, i livelli di alcune proteine plasmatiche e alcuni parametri biofisici.

In particolare, per la valutazione del rischio, si eseguono:

  • Evidenziazione di fattori rischio nella storia clinica della gestante e della sua famiglia
  • La misurazione della pressione arteriosa e calcolo della pressione media (MAP) della gestante.
  • La misurazione dei livelli plasmatici di PlGF (Placental Growth Factor) e PAPP-A (Pregnancy Associated Protein A) attraverso un semplice prelievo di sangue materno.
  • La misurazione delle dimensioni del feto (Crown Rump Length CRL)
  • La misurazione delle onde Doppler velocimetriche delle due arterie uterine e calcolo dell’Indice di Pulsatilità medio (UAPI), eseguita dal ginecologo attraverso controllo ecografico.

Tutti questi dati vengono elaborati da un software che come risultato quantifica l’indice di rischio.

La valutazione del rischio di preeclampsia basata sulla sola analisi della storia anamnestica della gestante (metodo di screening tradizionale) fornisce un livello di accuratezza piuttosto basso, permettendo di identificare (detection rate) solo il 30% delle gestanti che poi svilupperanno una pre-eclampsia.

Il detection rate diviene significativamente più accurato nel caso in cui le caratteristiche cliniche della gestante (BMI, età, etnia e fumo) vengono combinate con i valori del dosaggio plasmatico del PlGF e della PAPP-A, e con i dati rilevati dalla misurazione della Pressione Arteriosa Media (MAP) e dell’Indice di Pulsatilità medio delle Arterie Uterine (UAPI). Eseguito a 11-14 settimane di gestazione, tale screening raggiunge un livello di accuratezza(detection rate) pari al 93%, con un incidenza di falsi positivi pari al 5%.

Per migliorare ulteriormente il detection rate sono oggetto di studio l’utilizzo di altri indici ecografici aggiuntivi ottenibili con l’ecografia 3D come il volume placentare, la vascolarizzazione placentare e la valutazione assoluta del flusso nella vena ombelicale.

 

 

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