L’insonnia ed il suo trattamento con la psicologia del sonno

L’insonnia è tra i disturbi del sonno quello più diffuso. È definita come una cattiva qualità del sonno soggettivamente percepita, accompagnata da difficoltà ripetute a iniziare e mantenere il sonno, nonostante vi siano le condizioni adeguate (tempo a disposizione, ambiente confortevole…). Tale disturbo si accompagna poi a difficoltà diurne quali cattivo umore, irritabilità, difficoltà cognitive e sensazione di affaticamento.

Ma perché così tante persone non riescono a dormire come vorrebbero?

Ne parliamo con la Dott.ssa Anastasia Mangiaruga, Psicologa e Dottoressa di Ricerca con formazione in Psicologia del Sonno.

Come si manifesta l’insonnia?

È importante specificare che questo disturbo non si diagnostica solo per via di qualche notte insonne, ma ci sono dei criteri di tempo e persistenza che devono essere rispettati per parlare di vero e proprio disturbo.

Le classificazioni internazionali pongono infatti enfasi sulla durata e la presenza del disturbo per svariati mesi e più giorni a settimane. Senza entrare nel dettaglio, possiamo distinguere tra insonnia acuta e cronica. L’insonnia acuta si presenta con periodi transitori di incapacità di iniziare o mantenere il sonno, che possono ripresentarsi anche più volte nell’arco di un anno o della vita ma che in generale non portano ad un disturbo stabile. Un intervento tempestivo permette il dissiparsi della condizione, con pochi disagi effettivi.

Nei casi in cui l’insonnia si protragga per periodi più lunghi o gli interventi non risultino efficaci, la persona può mettere in atto comportamenti non adeguati, anche in buona fede, che aiutano lo sviluppo di una vera e propria insonnia continuativa.

Inoltre, l’insonnia si presenta spesso in concomitanza con altri disturbi, primo fra tutti ansia e depressione. Insonnia e disturbi dell’umore si rafforzano a vicenda, tanto che in passato l’insonnia era considerata come solo “sintomo” secondario. Le più recenti evidenze scientifiche suggeriscono che l’insonnia sia in realtà una condizione a sé stante, da trattare con tecniche specifiche.

Un trattamento mirato serve a dare il giusto spazio al disturbo del sonno, migliorandone l’efficacia e permettendo il ritorno ad una sensazione di benessere e di centralità di sé stessi, dopo un periodo in cui l’insonnia era diventata tiranna, togliendo tempo ed energia tanto al quotidiano quanto alle altre condizioni da trattare.

Quali sono le tecniche e i trattamenti psicologici efficaci per l’insonnia?

L’insonnia ha una complessa natura soggettiva e il suo trattamento è strettamente legato alla comprensione dei vari fattori che ne hanno causato l’insorgenza e che, soprattutto, la mantengono nel tempo. Per tale ragione, il metodo elettivo per il trattamento delle forme croniche è la Terapia Cognitivo-Comportamentale dell’Insonnia (CBT-I, Cognitive Behavioral Therapy for Insomnia), promossa dalla European Sleep Research Society. La letteratura scientifica dimostra infatti l’efficacia a lungo termine della CBTi, anche rispetto ai trattamenti farmacologici nel caso di insonnia cronica, dando risultati più duraturi.

La CBT-I prevede il coinvolgimento di differenti metodologie. Tale trattamento riferisce a 3 fattori che influenzano lo sviluppo e il mantenimento di un disturbo di insonnia conclamato:

  1. I fattori Predisponenti sono caratteristiche individuali non modificabili, come la familiarità per il disturbo, il genere femminile, la terza età;
  2. I fattori Precipitanti causano l’insorgenza del disturbo e possono essere eventi di natura stressante di breve o lunga durata, come un lutto, una malattia, problemi di natura familiare o lavorativa;
  3. I fattori Perpetuanti, responsabili del mantenimento della condizione, sono credenze riguardo la quantità di sonno “adeguata”, comportamenti disfunzionali, ansia ed emozioni negative riguardo le conseguenze del non dormire abbastanza.

La Terapia Cognitivo Comportamentale per l’insonnia agisce sui fattori Perpetuanti, tramite la collaborazione attiva tra il professionista del sonno e la persona che richiede l’intervento. Parte essenziale del trattamento è un’accurata anamnesi e un’indagine approfondita sulle abitudini di sonno della persona. Successivamente, ogni buon CBTi prevede un intervento psicoeducativo, che ha lo scopo di dare le giuste informazioni sul sonno e sui meccanismi dell’insonnia e introdurre le sue cause e conseguenze. Questo aspetto è essenziale per permettere alla persona di capire meglio il proprio sonno e modificare le credenze irrealistiche rispetto al fabbisogno e alle conseguenze della
carenza di sonno.

Le tecniche comportamentali permettono poi l’instaurarsi di una buona spinta all’addormentamento insieme allo sviluppo di buone abitudini di sonno e all’evitamento dei comportamenti che lo impediscono. In aggiunta, possono essere utilizzate delle tecniche cognitive, che individuano e modificano i pensieri e le aspettative riguardo il sonno, riducendone così le emozioni negative quali ansia e preoccupazione per il proprio sonno, spesso associate all’insonnia.

Quando e perché un trattamento psicologico è da preferire al solo uso di farmaci?

Un intervento farmacologico non è sempre da escludere totalmente. Il trattamento farmacologico è infatti da preferire nel caso di insonnie acute causate da eventi stressanti quali un lutto o problemi specifici. In questi casi è bene confrontarsi con il proprio medico curante o psichiatra, che aiuteranno a concordare con attenzione la durata e i vantaggi del trattamento.

Questi farmaci possono però peggiorare il problema quando l’insonnia è ormai un problema cronico, che si presenta quindi da lungo tempo e che ha aiutato l’instaurarsi di credenze e comportamenti che la rafforzano, involontariamente. I trattamenti farmacologici prolungati perdono infatti di efficacia nell’arco di 3-4 settimane e se ne può rischiare l’abuso nel tentativo di ritrovarne i vantaggi iniziali; al contrario, la persona può pensare semplicemente di interromperne l’assunzione quando non si ha più l’effetto desiderato, causando quella che viene detta “insonnia da rimbalzo”, che causa non una ricomparsa del disturbo di sonno e il ritorno di quella sensazione di perdita di controllo sul proprio sonno, nonché una perdita nel senso di efficacia percepita.

Anche in questi casi, un intervento di natura psicologica è considerato adeguato, perché rimette la persona in condizioni di conoscere il proprio problema e prendere consapevolezza degli eventuali comportamenti disfunzionali, che spesso aiutato il cronicizzarsi dell’insonnia.

Rivolgersi al giusto professionista può fare la differenza.