“Immaginatevi in un negozio a scegliere un vestito alla moda, sceglierete un vestito che non solo sia della vostra taglia e del colore che volete ma che vi stia bene (relazione con se stessi), che piaccia al vostro partner (relazione con l’altro), che sia di una marca famosa (relazione con il mondo) per poter essere riconosciuti a livello sociale”.
A causa di tutte le preoccupazioni a cui siamo sottoposti, durante il percorso della vita possiamo avere e incontrare delle incertezze sulla nostra persona, “perdere la nostra identità” e cominciare a mettere in discussione chi siamo e cosa vogliamo.

Rivolgiamo alcune domande al Dottor Matteo Trevisan, Psicologo e Psicoterapeuta, il fenomeno che porta a “perdere la propria identità”.

 

Come potremo definire l’identità?

L’identità personale non è un qualcosa di unitario e di stabile nel tempo. Adeguandosi ai diversi ruoli, impersonandone sentimenti e comportamenti, l’identità di ciascuno muta continuamente. Lo sforzo di integrazione tra le diverse espressioni dell’identità personale dà un senso di continuità e di stabilità solo apparente. Dietro di esso, infatti, ognuno di noi sa di sperimentare un’immagine di sé spesso contraddittoria, discontinua, a volte conflittuale. In più, l’identità non è un fatto privato, in quanto è influenzata dalle relazioni interpersonali, dai contesti di appartenenza e da come ogni individuo decide di adeguare il suo modo di essere rispetto gli altri.

Attraverso l’identità personale gli esseri umani hanno un’esperienza cognitiva ed emotiva di sé e sono in grado di elaborare ed integrare in modo coerente l’informazione esterna ed interna.
In questo modo la storia soggettiva trova una coerenza col passato e una continuità nel futuro, che permette di selezionare ed attuare i repertori di comportamento più adeguati alla propria identità di genere.

 

Quali potrebbero essere i fattori che possono portare ad un senso di smarrimento rispetto alla propria identità?

I fattori sono ovviamente molteplici, ma per citarne sinteticamente qualcuno, troviamo:

  • Cambiamenti economici: è sempre più difficile ottenere una stabilità economica a causa delle continue crisi, molte persone si ritrovano in poco tempo a dover ristrutturare la loro vita e a ripartire;
  • Paragonarsi con gli altri: tendiamo costantemente a confrontarci con gli altri e a essere spesso in competizione, adeguandoci ad un modello implicito di normalità e di benessere che però toglie importanza alla propria storia;
  • Rapporti famigliari: liti, incomprensioni, separazioni, rotture. Nel corso degli anni è stato imposto il concetto di famiglia tradizionale, ma ora non è più così. Molti figli si ritrovano ad avere più genitori. Questo può portare ad uno stato di smarrimento rispetto alle proprie origini;
  • Aspetti culturali: oggi a differenza del passato è possibile spostarsi in poco tempo in tutto il mondo. Cultura usi, costumi differenti non sono sempre facilmente integrabili nel nostro “mondo interiore”, ciò che era normale fare in un altro Paese può diventare motivo di discriminazione.

 

Questi scenari possono portare a “perdere l’identità”?

Essendo continuamente “bombardati” da stimoli e cambiamenti, appare chiaro come sia difficile trovare appigli per iniziare o continuare a costruire la propria strada e chi si vuole essere. Tutto ciò può portare a ansia, paura, incertezza e “smarrimento” rispetto a se stessi. Soprattutto per i giovani, il futuro è, più che in passato, qualcosa da inventare e costruire quasi da zero. È un compito nuovo e pesante quello di mettere a punto una propria identità ovvero “essere riconoscibile” e sentirsi riconosciuti dagli altri.

 

Quali fasce di età sono più esposte a questo fenomeno?

In realtà potenzialmente tutte. Gli adolescenti soprattutto, ma anche i “giovani adulti” e gli adulti in generale che oggi si trovano talvolta costretti a ri-nascere più volte nella loro vita. L’identità è la cosa più cara che un essere umano possa avere, non averla sarebbe come essere senza volto, nessuno ci riconoscerebbe e nemmeno noi guardandoci allo specchio sapremo riconoscerci.

L’uomo è un essere relazionale, in costante relazione con se stesso, con gli altri, con il mondo e spesso con tutti contemporaneamente anche se non ce ne accorgiamo.
Molte delle problematiche che la vita a volte ci mette davanti hanno a che fare con queste forme di relazione.

 

Cosa può offrire la psicoterapia?

Quello che la psicoterapia offre è la possibilità di conoscersi e ritrovarsi, ritrovare il “filo rosso” che permette di sentirci noi stessi nei vari ruoli sociali che siamo chiamati ad impersonare, o costruendone, in alcuni casi, di nuovi.

Ridefinire le regole che generano o meno questa coerenza con la propria storia, (“devo essere sempre il migliore”; “se le cose non sono fatte come dico io non va bene”; “devo avere il controllo di tutto”). È molto utile intravedere nuovi sentieri o costruire a volte strade completamente diverse che ci facciano sentire nella giusta direzione, per rientrare, da protagonisti, nella nostra vita e per non perdere quindi la nostra identità.

A volte è necessario guardare al passato, altre volte non serve, ma in entrambi i casi la direzione è quella del futuro.
Farlo con rispetto è fondamentale, ritrovare la curiosità di vedere le cose e vederci da un punto di vista differente, aiuta.

 

 

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