Aggressività nelle diverse tappe evolutive

Bambini arrabbiati, bambini che mordono, graffiano, strattonano o picchiano. Bambini che con il loro comportamento preoccupano i genitori e gli educatori/insegnanti. Bambini aggressivi!
Ma cos’è l’aggressività? e quali le possibili risposte al comportamento aggressivo?
In origine la parola indicava un andare verso l’altro, un avvicinarsi (dal lat. aggredur) verso un luogo o una persona. Successivamente la parola ha assunto dei connotati più violenti, di infrazione, di un andare contro.

Aggressività “naturale”

Nei bambini l’aggressività è una modalità comunicativa e di esplorazione che mantiene il significato originario della parola. Crescere è un andare verso il mondo, fatto di persone, di oggetti e di relazioni: i bambini esplorano lo spazio attraverso il mordere, il lanciare, il battere, lo strattonare. “Crescere è di per sé un atto aggressivo” diceva un noto pediatra e psicoanalista inglese (D.Winnicott).

Il comportamento del bimbo è volto verso l’altro da sé sin dalle prime settimane di vita e la relazione si trasforma in una linea evolutiva che cresce e risponde a ciò che lo circonda perciò, trasformandosi ed evolvendosi in relazione alle tappe evolutive dello sviluppo, tale modalità e comportamento va necessariamente valutata in relazione all’età del bambino:

  • l’aggressività nei primi tre anni di vita del bambino emerge come modalità espressiva in risposta alle frustrazioni e di esplorazione dell’altro da sé (tirare i capelli, lanciare oggetti…) per caratterizzarsi verso i due anni in comportamenti oppositivi legati al “No” e all’espressione e “imposizione” della propria volontà “IO faccio, IO dico…”;
  • dai tre ai sei anni, durante la scuola d’Infanzia, il bambino impara sempre più a regolarsi pertanto esprime le sue esigenze anche attraverso il canale verbale ma, soprattutto, impara progressivamente a rimandare la gratificazione e a relazionarsi con i coetanei. L’azione dell’adulto lo accompagna ad adattarsi e a comportarsi nella relazione sociale dove appaiono chiari i comportamenti tollerabili e quelli da punire. I bambini arrivano alle soglie della scuola primaria con un bagaglio sociale dove non solo si distinguono gli agiti aggressivi ma anche quelli verbali (insulti e ridicolizzazioni ad esempio);
  • L’aggressività in età scolare, prepuberale vede i comportamenti di aggressione fisica in diminuzione quanto più coerente è il contesto sociale nella sua complessità (scuola, famiglia ed extrascolastico) tuttavia le modalità ed i comportamenti aggressivi possono essere utilizzati in via strumentale al mantenimento di una posizione nel gruppo piuttosto che relativa al possesso/acquisizione di oggetti.

Comportamenti aggressivi che emergono e permangono oltre i primi anni di scuola primaria sono spesso segnale di un disturbo importante quale il disturbo della condotta dove l’agito è chiaramente intento a danneggiare l’altro e gli oggetti; il bambino con disturbo della condotta è prepotente, minaccioso e intimidatorio e chiaramente viola le norme sociali e della relazione in maniera persistente e sistematica. Ma di questo particolare argomento si parlerà in un altro articolo.

Il bambino arrabbiato e aggressivo: quando preoccuparsi?

Situazioni, condizioni, contesti ed esperienze possono incidere nella regolazione affettivo- emotiva del bambino. Ad esempio la nascita di un fratellino/sorellina, un lutto, una separazione o una malattia ma anche un trasloco. Forti tensioni emotive possono tradursi in disagio e questo esprimersi in risposte arrabbiate e comportamenti aggressivi, diretti non solo verso l’altro ma anche verso di sé come, ad esempio, inappetenza, iperattività, tendenza all’isolamento, mutismo; comportamenti che si contrappongono al comportamento atteso.

Importantissimo in questi casi osservare il bambino, osservarne il gioco ed il modo di rapportarsi con gli altri, coetanei e adulti, di riferimento e non.
Cambiamenti nel comportamento, nelle abitudini o anche nelle modalità di relazione del bambino sono di solito segnali di disagio che meritano di essere discussi e valutati con un professionista.

Come intervenire?

Fondamentale risulta la collaborazione della famiglia nella presa in carico del bambino in difficoltà.
La cura ed attenzione degli aspetti psicologici insieme a delle strategie pedagogiche calate sul contesto e sulle persone coinvolte possono aiutare il bambino nella regolazione emotiva ed espressione/trasformazione della rabbia ma soprattutto aiutare i genitori, spesso spaventati e “disarmati” di fronte alle manifestazioni comportamentali del proprio bambino ed il giudizio sociale di cui sono vittime.

Le modalità d’intervento dovranno perciò calarsi nella realtà della situazione ed individuare le strategie pedagogiche migliori che potrebbero riguardare il bambino, la diade madre/figlio o padre/figlio, la coppia genitoriale (parental training) o anche bambino e contesto scolastico.

Dottoressa Maria Zaupa, Psicologa e Pedagogista si occupa di disturbi e difficoltà di regolazione emotiva e di disagio nella relazione oltre che di attaccamento e genitorialità.