In generale si può affermare che la psicoterapia ha come fine ultimo quello di portare il paziente a superare le proprie difficoltà, attraverso un processo di cambiamento, da attuarsi a partire da una specifica alleanza con il terapeuta. Per far ciò però ogni Professionista ha bisogno di essere sostenuto da precisi fondamenti teorici e clinici.

Chiediamo alla Dott.ssa Maria Mola, Psicologa e Psicoterapeuta come, utilizzando una terapia costruttivista, riesce a far trovare al paziente un benessere interiore.

 

Che cos’è la terapia costruttivista?

La terapia costruttivista ha come centro di interesse la conoscenza personale cioè la conoscenza che le persone hanno di se stesse, degli altri e del mondo. Tale conoscenza è costruita sulla base delle proprie caratteristiche personali, dall’organizzazione e dall’ordinamento delle proprie esperienze. L’approccio costruttivista, in particolare, propone un uomo attivo costruttore della propria rappresentazione del mondo, elaboratore di informazioni, generatore di significati e di conoscenze personali.

 

Che ruolo assume il paziente nella terapia?

Il paziente lo possiamo identificare come uno scienziato che  possiede e costruisce modelli di sé e del mondo che lo guidano nel suo agire, agisce sulla base di teorie, formula ipotesi, che verifica nei suoi comportamenti; ipotesi che sulla base dei risultati possono essere riviste per generare nuove teorie e nuove conoscenze.

A partire dal proprio sistema di conoscenze l’individuo rappresenta e costruisce la sua realtà, opera delle previsioni, crea delle aspettative e organizza il proprio comportamento sulla base dei propri bisogni e scopi.

Ogni sistema conoscitivo, attraverso l’esperienza, evolve gradualmente e continuamente aumentando la propria complessità, ma cercando costantemente un proprio equilibrio e una propria coerenza, riorganizzandosi mantenendo stabile il proprio senso di identità.

 

A cosa sono dovuti i “momenti di crisi”?

Un processo di crisi o di scompenso può verificarsi quando nel confronto con la realtà alcune teorie fondamentali (costrutti nucleari), connesse con l’identità personale, incontrano un processo di invalidazione. Tale invalidazione se colta determinerebbe la necessità di un riordinamento dell’intero sistema così ampio da superare l’effettiva capacità di ristrutturazione. Ecco che le difficoltà che il paziente manifesta assumono una funzione adattiva, nella misura in cui mantengono l’equilibrio interno del sistema.

Si potrebbe dire che lo star male psicologicamente rappresenti una scelta dell’individuo ad opporsi ad un cambiamento. Da questi presupposti ne deriva il principio clinico che Il sintomo, secondo una visione costruttivista, nonostante la sofferenza che genera, rappresenta qualcosa che la persona costruisce in funzione della sua esperienza ed è il modo migliore che ha trovato per mantenere il proprio equilibrio sistemico, nel far fronte ad eventi percepiti (più o meno consapevolmente) come soggettivamente pericolosi per l ‘integrità della propria identità.

 

Come deve essere inteso il sintomo?

Da queste considerazioni teoriche e cliniche deriva che il sintomo deve essere compreso nella sua funzione adattiva, la terapia per portare ad una remissione della sintomatologia deve soprattutto condurre il paziente ad una percezione del proprio sistema di conoscenze, che ne rilevi la logica dei sintomi stessi, perché possano essere sostituiti con modalità di reazione più efficaci al raggiungimento dei propri obiettivi.

Presa coscienza degli schemi presenti nel proprio sistema conoscitivo ed evidenziatene il funzionamento, le incoerenze, le capacità previsionali si possono sperimentare diverse alternative aiutando la formazione di nuove teorie più funzionali.

 

Come si struttura la terapia?

Tali obiettivi potranno essere attuati all’interno di una relazione terapeutica che vede paziente e terapeuta come due scienziati, impegnati in una ricerca che ha come oggetto il sistema di conoscenza del paziente, e quindi i suoi pensieri, le sue sensazioni, le sue emozioni, ma con ruoli specifici: il paziente è l’esperto dell’oggetto di ricerca, il terapeuta l’esperto del metodo con cui attuare il processo di autoconoscenza.

Una volta permessa la presa di coscienza degli schemi presenti nel proprio sistema conoscitivo, evidenziatene le incoerenze, il paziente può verificare la capacità previsionale del proprio sistema, invalidare le strutture che ne determinano l’incoerenza e sperimentare diverse alternative così da poter costruire nuove teorie più coerenti con le proprie emozioni, pensieri bisogni ed obiettivi.

 

 

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