Cosa succede e come aiutare quando un adolescente deve afforntare una malattia cronica come il diabete?

La concezione che descriveva la mente ed il corpo come realtà divise è abbandonata ormai da tempo nella teorizzazione sull’essere umano; l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito da tempo la salute come “[..] uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto come assenza di malattia o di infermità… “ precisando che “il possesso del massimo stato di salute che è capace di raggiungere l’individuo costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano”.
La malattia influenza il corpo ed è fonte di sofferenza, sia fisica che psichica e nel caso di malattia cronica, diventa una costante all’interno della vita di tutti i giorni portando cambianti radicali nei rapporti sociali, nelle relazioni affettive, nelle abitudini quotidiane.

Una delle malattie croniche che incide maggiormente sulle abitudini di vita della persona è sicuramente il diabete, in particolare il diabete di tipo 1.
E se parliamo di pazienti preadolescenti/adolescenti? Chi è il preadolescente/adolescente?

Ne parliamo in questa intervista con la Dottoressa Bottignolo Elena, Psicologa Clinica e di Comunità, Psicoterapeuta.

Se l’adolescenza è un periodo critico “di default” per tutti gli individui, cosa succede quando a diventare adolescente è un individuo con malattia cronica, ovvero con diabete?

Con l’adolescenza il ragazzo comincia a pensare a se stesso, ad essere capace di organizzare il sapere e il sentire, a dare significato, anche al proprio corpo, corpo che i ragazzi devono diventare capaci di gestire ma anche di pensare, unendo il lato cognitivo ed emotivo. Il ragazzo diabetico può esperire la propria fisicità come compromessa: il corpo viene percepito come estraneo, imprevedibile, perché non si può’ controllare il suo funzionamento, disprezzabile perché lontano dal modello atteso.

Con i controlli clinici ed i monitoraggi di cadenza periodica il ragazzo deve interrompere la sua quotidianità, la scuola e gli incontri con gli amici, per andare in ambulatorio e sottoporsi ad esami, visite, colloqui. non è facile per un adolescente essere per quelle ore il paziente che attende, si spoglia, parla di sè, quando va bene anche dei propri bisogni e preoccupazioni, a volte solo dei propri sintomi, complicanze e acutizzazioni che aumentano lo smacco e l’impotenza.

L’adolescente è chiamato a rendersi progressivamente indipendente dalle figure dei genitori. Quando si parla di questo compito evolutivo non ci si riferisce solo alla separazione in senso spaziale e concreto, ma anche ad una separazione mentale.
Per il ragazzo diabetico la necessità di seguire un certo regime alimentare, la paura per le possibili complicanze e per le ipoglicemie, crea un legame forte e conflittuale con gli adulti significativi da cui il ragazzo ha bisogno di allontanarsi, alla ricerca di un rapporto basato sull’autonomia, desiderio di decidere, bisogno di sicurezza ma non sempre di protezione.

E per quanto riguarda l’assunzione di un ruolo socialmente riconosciuto tra i coetanei e nel contesto allargato, che consente di progettare e di agire in direzione del proprio percorso futuro?
L’adolescente sviluppa il bisogno di appartenenza a una rete di relazioni con i coetanei e sceglie autonomamente per se stesso i suoi amici. Anche il ragazzo diabetico gioca se stesso nel rapporto con i coetanei ma come può’ mettere insieme la convivialità e la condivisione, con lo stile di vita necessario per avere una buona glicata e le restrizioni? il vissuto di vergogna ed imbarazzo, come il timore di essere rifiutati, sono vissuti che portano sofferenza e che è importante condividere per far si che non diventino una frustrazione continua, una “impossibilità’” dettata dalla malattia.

Per concludere, è fondamentale anche sottolineare l’importanza della progettualità esistenziale: per un adolescente è fondamentale guardare oltre verso un possibile futuro.

Il ragazzo diabetico deve essere sostenuto di fronte alle continue interruzioni che la malattia determina, a causa di sintomi fisici e complicanze, ansia e panico, sostenuto nelle risorse personali che la malattia non può portare via, come nelle strategie di coping in primis (repertorio di azioni possibili che servono per la soluzione di problemi), nella fiducia in se stessi, ma non solo.

Quindi, cosa fare come adulti?

Come adulti, genitori, professionisti, il nostro compito è quello di sostenere l’adolescente diabetico in questa fase di passaggio. è importante riconoscere e fare attenzione ai sintomi che possono essere dei campanelli d’allarme che ci avvertono che qualcosa “non sta andando” e aiutare il ragazzo a fare un passo verso la consapevolezza.

Importante è informarsi sulla presenza di eventuali servizi di psicologia che spesso collaborano con il servizio di diabetologia all’interno dell’ospedale o all’esterno per avere un supporto specializzato e multi-disciplinare sul tema.

Molta importanza si attribuisce anche al passaggio da una gestione genitoriale del controllo dell’insulina ad una gestione totalmente di responsabilità del ragazzo. Questo infatti assume significati molto importanti anche sul versante psicologico per l’adolescente e per la famiglia, poiché legato a tematiche di responsabilità, fiducia e maturità ed è importante che venga fatto con gradualità ed attenzione, in conformità alla maturazione cognitivo-emotiva del ragazzo. in quest’ottica, la responsabilizzare diventa un processo da attuare non in maniera oppressiva ma possibilistica, portatrice di opportunità, sotto forma di vantaggi concreti, che possono toccare anche altri ambiti di vita del ragazzo.

L’aiuto ed il supporto dei ragazzi in questa fase di sviluppo e di criticità può determinare la buona riuscita nel processo di formazione di un adulto cosciente del proprio stato di salute.